L’oleastro Inveges è un vecchio oleastro selvatico. Tradizionalmente indica il centro della contrada Chian Schunchipani. E grazie alla sua imponenza sono nate leggende, tra il pauroso e l’avventuroso. Infatti, l’oleastro Inveges è stato detto anche oleastro delle fate.
Agghiastru (oleastro) Inveges
La leggenda narra che l’oleastro Inveges, meglio conosciuto come “l’agghiastru di ‘mmezzu”, abbia origini molto antiche; c’è addirittura chi dice che siano greche o arabe. L’albero è plurisecolare ed è praticamente considerato parte dei monumenti di Sciacca.
L’oleastro, con la sua grande chioma, si innalza solitario nella campagna poco lontano da Sciacca.
Alcuni anni fa fu coinvolto in un incendio, ma non bruciò.
Attorno a questo famoso oleastro vi sono miti e affascinanti leggende. Si dice che ogni sette anni fuoriescano dall’albero serpi e creature maligne e che, avvolte da una densa atmosfera di luci e suoni, assistano alla meravigliosa fiera delle fate tra una grande varietà di preziosi oggetti.
Altre credenze popolari sono quella che chi maltratti l’albero abbia la “mala annata”, ossia un anno caratterizzato da sciagure a ripetizione, e quella che le sue olive possano essere raccolte solamente dopo la loro caduta e mai direttamente dall’albero per produrre l’olio santo.
Chi procura un danno all’oleastro potrebbe, addirittura, essere oggetto di un maleficio.
Questi sono i racconti e le leggende che i genitori e i nonni spesso raccontano ai bambini di Sciacca.
Naturalmente si tratta solo di fantastorie che sono servite, però, ad aumentare il suo fascino e a tutelare la sua incolumità.
Tra i proprietari del terreno su cui sorge maestoso l’oleastro c’è stato anche un personaggio famoso di Sciacca lo storico Agostino Inveges che amava leggere e studiare sotto la sua ombra.
Contrada Schunchipani
Scunchipani è una contrada a otto chilometri dal centro di Sciacca: si cammina tra ulivi e mandorli. Ma qui si coltiva un po’ di tutto.
Un cartello giallo indica Oleastro di Inveges, il grande albero di ulivo che porta il nome degli antichi proprietari del terreno. La famiglia si è estinta mentre l’albero è rimasto a loro memoria.
Alcune antiche leggende raccontano che l’albero sia infestato dagli spiriti. Si dice che lì dentro abitino streghe e fantasmi. In realtà è un albero antichissimo: non si staccano i rami perché porta sfortuna, nessuno lo tocca da secoli l’ unica cosa permessa sia raccogliere le olivette e farne vin santo.
Oleastro Inveges tra Storia e leggenda
Pare che l’albero sia del 1300 circa.
Si narra che nelle notti di plenilunio al suo interno ci sia una fiera di fate e un’ esposizione d’ oro e tesori.
Non si può spezzare un ramoscello senza incorrere in qualche sventura, inclusa la morte. Si riportano al popolino casi di malanni avvenuto ai trasgressori di diverse epoche.
I contadini lo chiamano l’oleastro di mezzo dicono sia un padre e un figlio: sono due alberi in uno.
Molti dicono di aver sentito urla agghiaccianti e dicono di aver visto cose.
Quando gli danno fuoco, l’ albero non brucia. Soffre ma non muore.
Si narra che accanto all’ oleastro c’ era l’ aeroporto: gli americani non riuscivano a bombardare: non lo vedevano. Si chiamava aeroporto fantasma. Poi un maresciallo italiano fece la spia e successe il finimondo bombardarono a tappeto, il 21 maggio del 1942.
Olivastro
Leggende a parte l’Olivastro (Olea europea L. var. olivaster), chiamato anche olivo selvatico, è una pianta tipicamente mediterranea ma che, a causa della sua coltivazione sin dai tempi antichi, cresce in un’area geografica molto estesa.
È molto longevo ed ha un’ eccezionale capacità di riprodursi dalla ceppaia per cui si riprende velocemente se danneggiato dal fuoco.
Ha una corteccia più o meno liscia a seconda dell’età, di colore grigio cenere; foglie persistenti ed opposte, di forma ovale e allungata, coriacee, di colore verde scuro di sopra e argentee di sotto.
Il suo legno è duro e compatto, per cui viene utilizzato per lavori di ebanisteria, intarsio e tornio, e anche come legna da ardere. Le foglie un tempo venivano usate per preparare un infuso contro la febbre. Con la corteccia, in passato, si coloravano di giallo i tessuti.
I suoi frutti, le olive sono impiegate per l’estrazione dell’olio e, in misura minore, per l’impiego diretto nell’alimentazione. A causa del sapore amaro dovuto al contenuto in ponifenoli, l’uso delle olive come frutti nell’alimentazione richiede però trattamenti specifici finalizzati alla deamaricazione (riduzione dei principi amari)
L’oleastro Ingeves è un ragguardevole esemplare dal tronco robusto, inclinato verso Ovest, dalla cui base slargata hanno origine diversi polloni. II fusto, a circa 3 m dal suolo, si divide in tre grosse branche primarie che, a loro volta, si biforcano ulteriormente dando luogo a numerose ramificazioni assurgenti che costituiscono una chioma tendenzialmente ombrelliforme.
Caratteristiche
Circonferenza massima dei tronco (m): 5,20
Circonferenza del tronco a 1,30 m dal suolo (m): 4,60
Ampiezza della chioma (m): 18 x 15,50
Età stimata (anni): 700-800
Condizioni dell’esemplare
Oggi le condizioni non sono delle migliori. L’albero è stato anche vittima di incendi, per cui non riceve più il rispetto di un tempo.
La chioma presenta diversi rami secchi; una grossa branca è quasi del tutto staccata ed un’altra è disseccata a causa di un incendio che nel 1996 ha interessato l’area circostante alla pianta. Nel complesso lo stato vegetativo e le condizioni fitosanitarie sono discrete
L’ogliastro di Inveges è stato inserito dal Comune di Sciacca fra i beni monumentali.
Studi botanici
Come riportato da TeleradioSciacca
Da tempo questo olesastro ha attirato l’attenzione sia di studiosi di botanica che cercatori di misteri, questo perché l’albero un olea europea ha un’età ragguardevole, quanti non si sa con esattezza, sono state fatte varie ipotesi in passato, ma un indagine scientifica per sapere esattamente quanti anni ha non è stata ancora fatta. Circa 20 anni fa, fu visitato dal professore Francesco Calabrese botanico dell’Università di Palermo scomparso alcuni anni, il quale pensava di fare un prelievo e scoprire quanti anni esattamente avesse, ma ad occhio e croce gli dava mille anni. Invece nel libro sui Grandi Alberi di Sicilia pubblicato dall’ Azienda Regionale Foreste Demaniali nel 2007, quando era diretta dal dott. Antonino Colletti, dove è inserito anche l’oleastro si da una stima di 800 anni.
A questo progetto dell’Azienda Forestale collaborò il Dipartimento di Botanica dell’Università di Palermo con i professori Rosario Schicchi e Francesco M Raimondo che curarono la pubblicazione. Comunque sia è un autentico patriarca verde del territorio di Sciacca, un monumento della natura, che come il castagno dei cento cavalli alle pendici dell’Etna che è stimato circa tremila anni e considerato l’essere vivente più vecchio d’Europa, avrebbe bisogno di essere maggiormente valorizzato come una delle attrazioni turistiche della città. Probabilmente non è l’essere vivente più vecchio del territorio, perchè anni fa l’assessorato regionale all’agricoltura dovendo fare una pubblicazione sugli alberi d’ulivo più vecchi della Sicilia, avviò tramite le Sezioni Operative un monitoraggio e classificazione degli ulivi secolari, alcuni di questi si trovano nel territorio saccense. Uno di questi che si trova in località Fontana Calda viene datato a oltre mille anni. Ritornando all’oleastro d’Inveges, è alto più di 12 metri e non è composto da un solo tronco, nel 1996 subì un brutto incendio che distrusse la parte che i contadini del luogo chiamavano il padre, perché secondo loro era la parte più vecchia , adesso questa parte sta ricrescendo attraverso diversi polloni.
Una caratteristica del tronco è lo spesso ritidoma grigiastro, fessurato in placche irregolari che riveste il fusto. Però a renderlo famoso non è la parte botanica ma un’antica leggenda , secondo cui all’interno di questa pianta dimorano le fate. Nessuno può toccare, senza danno, i suoi rami nè tantomeno tagliare o raccogliere i frutti. In passato con le drupe cadute per terra si faceva l’olio santo. Ci fu un momento anni fa che la soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici di Agrigento stava provvedendo a porre il vincolo, ma poi non si fece più niente. Adesso torna di nuovo in auge grazie allo spettacolo che Salvatore Monte ha pensato di dedicare proprio a lui al nostro patriarca verde ” L’agghiastru di mezzu”.
Questo articolo è tratto da repubblica. it ; Bazan, G.; Marino, P. IL RUOLO DELL’OLEASTRO INVEGES DI SCIACCA NELLA DEFINIZIONE DEL PAESAGGIO FORESTALE STORICO DELLA SICILIA.
Monte dovrebbe re-interessarsi dell’agghiastro
E valorizzarlo come ha già fatto
Rendendolo, prima meta per quei tanti saccensi che non lo conoscono e di conseguenza attrazione per i turisti raccontando tutte le varie affascinanti storie
Sarebbe bello se a re-interessarsi dell’agghiastro fosse l’intera città.